Traduzioni


Il sangue del cielo IL SANGUE DEL CIELO di Piotr Rawicz
saggio introduttivo e traduzione di Guia Risari
Schulim Vogelmann n. 131
Giuntina, Firenze, 2006
(ISBN 88-8057-252-0, € 15,00)

Titolo originale Le sang du ciel, Gallimard, Paris, 1961
(ISBN 2-07-025360-0, pp. 280, € 12,96)


Incipit del romanzo

Prima parte

IL FALLO
E L'ARTE DELLA COMPARAZIONE


«Da cosa riconoscerai l'uomo?»
«Dal fatto che sa abbaiare...»

CAPITOLO I

I vostri sbirri, i vostri documenti in carta bollata, la vostra giustizia mi fanno paura, persino voi. Perciò non vi dirò subito di che fallo parlo nel titolo. Non userò parole forti. Più avanti capirete da soli. Quando non si hanno i documenti in regola, quando l'equivoco, l'equivoco teso e scricchiolante, resta l'unica passerella che a volte, la sera, permette di penetrare nel bivacco degli umani, è meglio non esporsi ai proverbiali fulmini della censura. In ogni caso, non rimarrete delusi. Capirete più avanti di che fallo si tratta...
Posso comunque rivelarvi senza timore cosa significa l'espressione «l'arte della comparazione». Non ha niente di scabroso. Non secondo il linguaggio amministrativo, almeno. Il fatto è che intendo cominciare questo racconto che si vuole anti-filosofico, a-filosofico con una comparazione. La userò. Ne abuserò. È un procedimento fuori moda, forse stupido, ma io non ci rinuncio. Completamente spoglio, nudo alle soglie della maturità - questa olezzante cucina dei poveri dove ti obbligano a trasformarti da spettatore che fischia in spettatore fischiato - grido a gran voce: basta rinunce!

(Piotr Rawicz, Il sangue del cielo, saggio introduttivo e traduzione di Guia Risari, Giuntina, Firenze, 2006)
Copyright © Giuntina 2006


Incipit del saggio di Guia Risari

La Letteratura e l'arte della trasmissione

Quando, alla fine degli anni '50, si cominciò a parlare di «letteratura dell'Olocausto», poi «della Shoà» o «concentrazionaria», l'imperativo a cui, critici, scrittori, sociologi e storici della letteratura cercavano di rispondere era ricordare. Ricordare nel senso più ampio di quest'accezione: ricordare per la propria salvezza e per quella degli altri. Svelare un segreto sentito come vergognoso e intollerabile per sé e per gli altri, convincere sé e gli altri che era realmente accaduto, salvarsi dalla follia e salvare tutta una civiltà ormai condannata a vivere con la coscienza della propria deriva, del proprio orrore.

(Guia Risari in: Piotr Rawicz, Il sangue del cielo, saggio introduttivo e traduzione di Guia Risari, Giuntina, Firenze, 2006)
Copyright © Guia Risari 2006


 

Recensioni

«(...) L'opera era basata su un'ironia come unica arma per comunicare l'orrore, «senza accuse, senza dispute tra colpevoli e innocenti, ma solo con un'accusa potente contro l'Essere» come scrive nel suo saggio introduttivo Guia Risari. Il libro era costruito come una sorta di fiction, la prima del genere, «certo molto più potente e autentica della mole di fiction televisiva e non solo sulla Shoah, alla quale la contemporaneità ci ha abituato»(...) E oggi la letteratura riesce a parlare ai lettori, alle persone e soprattutto ai giovani di cose indicibili.»
(Maddalena Di Tolla Deflorian, L'orrore raccontato con ironia, "Il Trentino", 29 gen. 2011, p. 44)
Recensione completa in pdf da Il Trentino.

«(...) Il mutamento di atteggiamento, o di sguardo, che occorre compiere per restare affascinati dalla scrittura di Rawicz è ben espresso dalle parole di Claude Bourdet riportate da Risari nel saggio introduttivo: "Ammettiamo che un certo grado di orrore sia insostenibile. Davanti a questo orrore, voi reagite, io reagisco con l'indignazione, lo spavento, l'urlo, oppure con la fuga, la fuga nel silenzio, o, persino, nell'indifferenza (...) Quel che è raro è arrivare a questo punto e avere ancora voglia di scrivere, poter ancora scrivere. Eppure solo quelli che hanno passato questa soglia hanno una possibilità di trasmetterci, nel modo più accettabile, il resoconto dell'orrore ­ si comprende che, arrivati a questo punto di distacco e di umorismo radicale, l'insostenibile diventi comunicabile. Constatiamo, in realtà, che è l'unica maniera di renderlo comunicabile". In questa luce, tutto quanto prima mi era apparso volgare e greve, ora mi appariva un modo raffinato e penetrante tessuto col filo di un'amara ironia ma soprattutto con quello, pur meno visibile, di una commossa pietà per la condizione umana di provare a rappresentare e comunicare in forma intergenerazionale, al di là del momento storico e del secolo in cui si è nello specifico manifestata, la sofferenza estrema, indicibile perché enorme e assurda (...) Di fronte alla domanda sul male assoluto, sull¢unicità di Auschwitz, a sua volta simbolo dell'unicità della Shoà, Rawicz sembra qui suggerire con grande lucidità che, seppur in forme, intensità e gradi diversi e imprevedibili, nella più varia fenomenologia, l'essenza e il significato profondo degli "eventi raccontati" purtroppo sfugge a una spiegazione storica e storiografica circostanziale: tali eventi "potrebbero verificarsi in ogni luogo e in ogni tempo". (...)»
(Ermanno Vitale, Shoà e popoli eletti in Piotr Rawicz, "Iride", Anno XX, N. 50, apr. 2007, pp. 171-174)
L'articolo completo in pdf è acquistabile da Iride - Le edizioni del Mulino.

«Il sangue del cielo è un libro orribile e nello stesso tempo un autentico capolavoro della letteratura ebraica e mondiale, un romanzo che tutti dovrebbero leggere e meditare. (...) Tali orrori l'autore ci racconta, gli orrori di una civiltà in decomposizione, e che sappia trovare le parole esatte per ciò che appunto è "indicibile" appare ogni volta quasi un miracolo, un miracolo straziante e ripugnante come un'oscenità, senza dubbio, ma pur sempre un miracolo. (...) Il sangue del cielo, considerato il primo romanzo della nascente letteratura della shoà, fu scritto in francese, lingua oramai assimilata alla perfezione dall'autore, e pubblicato nel 1961, quando, dopo circa un paio di decenni, si poté iniziare a parlare e a riflettere su ciò che fino ad allora era stato sentito come innominabile. Al suo apparire fu considerato un caso letterario unico che suscitava reazioni contrastanti, gli estimatori gridavano al genio mentre i detrattori allo scandalo. Oggi la critica è unanime nel riconoscere il valore inestimabile dell'opera.(...)»
(Anna Bolli, Il Sangue del Cielo, "Quaderni Radicali", 24 apr. 2007)
Recensione completa in pdf da Quaderni Radicali.

«(...) La rappresentazione dell'epurazione del ghetto, della vita disumana intrisa di morte e corruzione dell'ospedale ebraico e poi del suo annientamento,(...) la visione delle fosse dove uomini e donne subiscono le più feroci torture perdono il tono accorato e talvolta epico che hanno in altre analoghe descrizioni, per assumere invece la forza lacerante dell'immagine realistica, probabilmente reale e si rivelano in fondo capaci di trasmettere una pulsione emotiva e una corrente simpatetica più autentiche di tante pagine meno "oggettive". Una grande, avvolgente pietas emerge da un quadro così apparentemente distaccato e individualistico, in realtà intriso di umanità e di coralità.(...) Solo la nuova creazione narrativa, il racconto, la testimonianza depositata e trasmessa riusciranno a dare nuova dignità a un mondo scomparso nell'annientamento. (...)»
(David Sorani, Il sangue del cielo, "Ha Keillah", ott. 2006)
Recensione completa in pdf da Ha Keillah.

«(...) Pubblicato nel 1961 in Francia, e finora mai tradotto in italiano, Il sangue del cielo di Piotr Rawicz è un riuscito esperimento narrativo, che mescola la crudezza di un'autobiografia attraverso la Shoah ai toni del romanzo decostruttivista. Quando apparve, la critica lo proclamò subito capolavoro espressivo, esercizio provocatorio al crocevia tra invenzione surreale e ricordo impietoso.(...)
Questo senso panico del lutto è espresso con frasi di ritmo diseguale, impastate d'invenzioni linguistiche, di poesie, e di una fatale attrazione per le metafore di disfacimento e decomposizione. Pur nel sovraccarico di allegorie, Rawicz riesce a giocare abilmente con le pretese di un'arte dello scrivere che vorrebbe metter ordine nello scandalo di quanto è accaduto.(...)»
(Giulio Busi, La Shoah, un catalogo di vuoti, "Il Sole-24 Ore", 18 giu. 2006, N. 165,p. 37)
Recensione completa in pdf da Il Sole-24 Ore.

 




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